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Gli ACARI negli uccelli, biologia e patologia di questi fastidiosi insetti.

La presenza di acari in un allevamento aviario rappresenta una delle problematiche più comuni ma purtroppo anche più fastidiose che si possano riscontrare in un allevamento di uccelli ornamentali, in un negozio, in un garden.
In questo articolo abbiamo si raccolgono alcune informazione che pensiamo qualsiasi negoziante, allevatore o singolo appassionato detentore di uccelli ornamentali debba conoscere per fronteggiare senza paura una eventuale infestazione da acari.
Se è vero infatti che per molti di noi gli acari rappresentano un incubo nel quale non si vorrebbe mai dover ricadere, una corretta delle tecniche di prevenzione e terapia ci permetterà di tenere a bade questi ospiti sgraditi ma non invincibili.
Tutti gli allevatori di uccelli a scopi hobbistici (canaricoltori, allevatori di pappagalli, allevatori di turdidi, fringillidi, esotici, ecc.) così come chi gestisce negozi o esposizioni di uccelli prima o poi si trovano a dover combattere una battaglia contro questi fastidiosi parassiti. I negozi e garden vivono con molto frequenza questi problemi per il fatto che hanno un rapido turnover dei loto ospiti.
Proviamo a conoscere meglio questi inquilini indesiderati dei nostri aviari, con l’obbiettivo di mettere in atto strategie di lotta efficaci e risolutive.

Specie di Acari che possiamo trovare nei nostri aviari:

Partiamo dall’inizio e domandiamoci innanzitutto cosa sono gli acari? Sono dei piccoli insetti che vivono a discapito dei nostri amati uccelli, a volte nutrendosi del loro sangue, a volte utilizzandoli come “casa”, altre volte mangiando semplicemente la cheratina delle loro belle pene. Sono quindi dei parassiti che sfruttano i nostri uccelli per compiere una parte o tutto il loro ciclo vitale.
Parlando di acari è indispensabile fare immediatamente una suddivisione tra specie. Negli allevamenti di uccelli si possono isolare 4 differenti tipologie di acari: gli acari mallofagi (mangiatori delle penne e piume), gli acari ematofagi (mangiatori di sangue), gli acari che si annidano nell’apparato respiratorio e gli acari che causano patologie cutanee (gli acari della rogna).
Gli acari mallofagi sono sicuramente i più conosciuti da tutti gli allevatori.
Questi parassiti passano la loro vita sugli uccelli, nutrendosi delle piume o di parti di esse e causando notevoli fastidi agli animali. Vengono chiamati in gergo “bastoncini” perchè assomigliano proprio ad un piccoli vegetale appoggiato tra le piume.
Anche all’interno del gruppo degli acari mallofagi esistono più specie diverse per localizzazione sul corpo del malcapitato e potere patogeno sull’ospite. Gli acari del genere Syringophilus si annidano nel calamo delle penne nutrendosi di quest’ultime e svuotandole dall’interno. I mallofagi del genere Dermogliphus possono interessare anche le penne in accrescimento mentre il Glycyphagus domesticus è in grado di dare vita ad una forma di resistenza che può sopravvivere per mesi nella lettiera e riattivarsi quando le condizioni ambientali siano ottimali.
Gli acari mallofagi causano un notevole prurito agli uccelli, prurito che spesso porta a gravi fenomeni di autodeplumazione, con gli animali che si strappano spontaneamente gran parte delle penne e delle piume. Le parti più interessate dall’autodeplumazione sono le spalle (dove spesso arrivano a fare sanguinare la pelle con il loro becco) e le zone ventrali del petto e addome. Oltre al fastidio e l’autodeplumazione raramente i mallofagi possono causare gravi problematiche per la salute degli uccelli, ma non possono comunque essere sottovalutati, perché una grave infestazione da mallofagi è sempre legata a scarse condizioni igieniche dell’aviario.
A volte i mallofagi rappresentano solo la punta dell’iceberg perchè aumentano molto di numero in soggetti che sono ammalati o deboli per altre cause.
Al secondo posto in questa graduatoria dei “tristemente noti” troviamo sicuramente gli acari ematofagi, il famigerato acaro rosso.
In realtà il colore di questi acari in principio non sarebbe rosso ma grigiastro e assumono il colore rosso solo a seguito di una importante ingestione di sangue.
Gli acari ematofagi si nutrono del sangue degli uccelli e risultano molto pericolosi, soprattutto durante la stagione riproduttiva. Le due specie di acari ematofagi più diffuse sono il Dermanyssus gallinae (il più comune) e l’Ornithonyssus silviarum (meno diffuso). Questi due acari si differenziano per le abitudini di vita.
Il Dermanyssus si sposta sugli uccelli di notte, mentre rimane rintanato in anfratti ambientali durante il giorno (fondi delle gabbie, crepe sui muri, sottotetti in legno, nidi e tavole di legni, prese della luce, ecc.).
L’Ornithonyssus passa tutta la sua vita sul’animale nutrendosi 24 ore su 24 senza nessuna differenza tra ore di luce e ore di buio.
Il Dermanyssus è molto resistente nell’ambiente e può mantenersi in allevamento da una stagione all’altra nascondendosi in anfratti, posatoi cavi, mangiatoie, molle delle gabbie ecc. Entrambi questi acari sono molto fastidiosi per gli adulti ed un sintomo caratteristico è l’abbandono del nido da parte delle femmine (le femmine che “saltano fuori” dal nido come dicono gli allevatori). Ancora più pericolosi risultano essere questi parassiti per i nidiacei, che a seguito della loro suzione di sangue vanno incontro a grave anemia caratterizzata da pallore della cute ed inedia. I piccoli si presentano freddi, con pelle raggrinzita e mucose pallide bianco giallastre.
Sembra che i pullus non abbiano più sangue in circolo e spesso i malcapitati soccombono e vengono a morte.
Al terzo posto possiamo trovare gli acari della rogna, appartenenti al genere Knemidocoptes responsabili di gravi forme cutanee a carico di arti, becco e cera e cloaca in passeriformi e psittacidi spesso di piccoli dimensioni. Le Cocorite (Melopsittacus undulatus) sembrano essere particolarmente predisposte alla infezione sviluppando gravi deformazione della cera del bocce e del becco che cresce storto e in maniera abnorme.
Questi parassiti si rinvengono spesso in animali debilitati, stressati o comunque deboli. Si annidano nello strato corneo dell’epitelio nutrendosi di detriti cellulari causando una ipercheratosi che porta a deformazioni del becco e degli arti. Lesioni croniche e gravi possono condurre a morte l’animale per l’incapacità di nutrirsi o di muoversi. La femmina di Knemidocoptes scava sulle pelle delle vere e proprie gallerie utili per la deposizione delle sue uova. Le lesione osservate sulla cute con una lente di ingrandimento assomigliano proprio all’altro di una grotta e la pelle appare tutta bucherellata.
Ultimi ma non per importanza, conosciuti soprattutto dagli allevatori di estrildidi, troviamo gli acari che parassitano l’apparato respiratorio come lo Sternostoma tracheacolum.
Questi acari si annidano in tutto l’apparato respiratorio degli uccelli, dalla trachea fino ai sacchi aerei. La loro pericolosità è evidente, infatti possono portare a morte per asfissia gli uccelli parassitati a causa della grave infiammazione che evocano nel sito parassitato. I sintomi tipici sono la tosse, gli starnuti, il respiro gracchiante e la dispnea che si manifesta con il basculare della coda sincrono con gli atti respiratori.
Il sintomo più comunemente riportato dagli allevatori è la tosse serale, quando si spengono le luce in allevamento e l’allevatore sente alcuni soggetti che respirano in maniera rumorosa o cercano senza riuscire di “schiarirsi la voce”.
Questi ultimi acari parassitano principalmente gli estrildi ed i canarini, ma possono essere isolati anche negli psittacidi e nei fringillidi.

Causa di infestazione da acari:

Molto spesso gli allevatori sono convinti che la presenza di acari in allevamento sia strettamente legata all’attenzione all’igiene dell’aviario ma questo legame di causa effetto non è così forte come si pensa. Mentre per i mallofagi possiamo dire che l’igiene dell’allevamento è determinante nel favorire o inibire una infestazione parassitaria, per tutti gli altri acari è necessario fare un discorso a parte, in quanto le vie di contagio sono le medesime riscontrate nella maggior parte delle malattie a eziologica infettiva come nel caso di batteri o virus.
Gli acari vengono introdotti in allevamento con i nuovi acquisti, con gli animali che rientrano dalle fiere e dalle mostre e con l’ingresso in allevamento di eventuali uccelli o altri animali selvatici. In quest’ottica si evidenzia come la quarantena degli uccelli acquistati o di rientro dalle mostre sia fondamentale per prevenire l’introduzione in allevamento di sgraditi ospiti.
Durante il periodo di quarantena dei nuovi acquisti o di animali che tornano in allevamento dopo una mostra è indispensabile non solo verificare le perfette condizione di salute ma anche eseguire (sopratutto se lontani dalla stagione riproduttiva) un trattamento antiparassitario preventivo contro gli acari prima di reintrodurre il soggetto nell’aviario insieme tutti gli altri uccelli.
Spesso non ci si accorge della presenza degli acari fino alla stagione riproduttiva. Questo accade perché nel periodo invernale gli acari possono essere presenti in minima quantità sugli uccelli, e visto che il tasso di riproduzione dipende dalla temperatura ambientale, potrebbero volerci svariati mesi per raggiungere un livello di infestazione tale da essere apprezzabile ad occhio nudo. L’esistenza di una correlazione diretta tra temperatura e riproduzione degli acari spiega il fenomeno delle massive infestazioni riscontrate in periodi caldo umidi come la tarda primavera e l’estate. Gli acari riproducono bene in ambiente caldo e umido! Fanno più uova e queste si schiudono in un periodo di tempo inferiore!
Indipendentemente dal tipo di acari che affliggono un allevamento, quando compaiono chiari i sintomi dell’infestazione essa è già molto estesa e spesso difficile da gestire. Anche nella lotta alle malattie parassitarie è fondamentale la diagnosi precoce dell’infestazione in corso.

Diagnosi di acariasi:

L’infestazione da acari ematofagi può essere diagnosticata dal ritrovamento degli acari al di sotto dell’imbottitura dei nidi o all’interno dei posatoi di plastica cavi. Anche i sintomi nei nidiacei è molto suggestiva della presenza di acari succhiatori di sangue. Una tecnica molto utile per vedere l’acaro rosso è entrare in allevamento di notte (questo acaro teme la luce e si muove di notte) con una torcia luminosa molto forte e puntarla sui nidi. Gli acari in presenza di questa luce si immobilizzeranno senza possibilità di scappare (freezing) come fanno gli animali selvatici nel bosco quando vengono illuminati dai fanali delle nostra macchine. Avremo modo di renderci conto del numero approssimativo e dell’entità del’infestazione.
Per l’identificazione dei mallofagi è sufficiente far osservare al nostro veterinario di fiducia delle penne e delle piume al microscopio a 40-100 ingrandimenti per evidenziare gli acari stessi e le loro uova.
La diagnosi di rogna si fa attraverso l’osservazione a 40-100 ingrandimenti di raschiati cutanei di aree colpite da ipercheratosi dove si possono agevolmente isolare i parassiti adulti. Questa manovra consiste nel prelevare tramite il raschiamento profondo della zona interessata delle parti di pelle che viste al microscopio permettano di osservare l’acaro (spesso vivo ed in movimento) o le sue uova.
Questa manovra va fatta sempre da veterinari con specifica preparazione nelle specie in questione e che siano in grado di fare una corretta diagnosi microscopica.
Ogni manovra che consista nel visitare, prelevare campioni o eseguire terapie in qualsiasi animale è atto medico e deve essere eseguito da medici veterinari.
La diagnosi di acariasi respiratoria non è altrettanto semplice vista la collocazione interna nel corpo degli animali di questi parassiti. Il sospetto si formula sulla scorta dei sintomi clinici. Un primo tentativo di evidenziare il parassita si può fare trans-illuminando la trachea. Questa manovra consiste nel bagnare le piume del collo in modo da poter osservare la trachea e osservarne il contenuto ponendo dalla parte opposta rispetto allo sguardo dell’osservatore una fonte di luce puntuale ma potente (come le penne torcia spera uovo). In questa maniera se si è molto fortunati si possono osservare dei piccoli puntini neri che si muovono lentamente all’interno del lume della trachea. Questo acari vivono nell’apparato respiratorio ma quando l’animale deglutisce il suo espettorato il parassita e le sue uova possono transitare attraverso l’apparato digerente e finire nelle feci. Se si ha fortuna quindi e si intercetta una di queste fasi di eliminazione la diagnosi è possibile farla anche attraverso l’esame delle feci tramite osservazione al microscopio delle deiezioni.
Queste diagnosi sono di supporto al sospetto basato sui sintomi degli animali, ma vorrei spendere una parola circa l’utilità dell’esame delle feci nella diagnosi precoce di acariasi. Nel periodo invernale, ovvero quando le acariasi non sono manifeste, in occasione dei caratteristici “esami precova” che noi veterinari consigliamo vivamente di fare ogni anno, è possibile fare diagnosi di acariasi attraverso il classico esame delle feci per sedimentazione e flottazione. Con questo esame si possono osservare gli acari o le loro uova facendo diagnosi precoce di acariasi in allevamento.
Questa diagnosi precoce consente di metter in atto trattamenti mirati prima della stagione riproduttiva, evitando le brutte sorprese nel pieno del periodo più delicato dell’allevamento.

Trattamenti contro gli acari:

Combattere gli acari è difficile ma non impossibile. Sentiamo spesso gli allevatori rincorrere la “molecola giusta”, quella che risolve e che non lascia scampo agli acari, ma la realtà non è così semplice.
Nella lotta agli acari abbiamo già molecole molto efficaci anche tra farmaci relativamente datati e a libera vendita nei negozi di prodotti per animali. Il problema non è il farmaco ma come e quando e per quanto tempo viene utilizzato!
I farmaci funzionano ma vanno usati nella giusta maniera!
La lotta agli acari passa attraverso due fasi importantissime: l’eliminazione dei parassiti dagli animali e sopratutto dall’ambiente nel quale vivono gli uccelli.
Eliminare gli acari dai soli animali può essere sufficiente in caso di acari che passano tutta la vita sugli ospiti come ad esempio nel caso degli acari respiratori, degli acari rogna e nel caso di alcuni mallofagi. E’ invece assolutamente insufficiente nel caso degli acari che resistono bene nell’ambiente, come ad esempio per gli acari ematofagi (acaro rosso) ed alcuni mallofagi. In questi due ultimi casi dobbiamo sempre associare una lotta ambientale ai trattamenti diretti sugli animali.
Alto concetto molto importante è che i farmaci a nostra disposizione sono molto efficaci sui parassiti adulti ma non hanno nessuna azione nei confronti delle uova del parassita. Ecco perchè l’allevatore ha la sensazione che appena fatto il trattamento gli animali sembrano stare meglio ma dopo 10-15 giorni il problema di ripresenta. E’ normale se ci si limita ad un solo trattamento! Dobbiamo aspettarcelo e prevenire questo fenomeno! Sono le uova che sono rimaste dal precedente trattamento che si sviluppano e diventano adulti infestanti e danno la sensazione di impotenza a chi dopo pochi giorni vede l’allevamento ancora pieno di bestioline che corrono.
Quindi sulla scorta di questa informazione il trattamento sia sugli animali che ambientale andrà ripetuto con cadenza diverse secondo il periodo dell’anno (temperatura) e prescrizione veterinaria ma che si aggira circa su un tempistica di 7/15 giorni per almeno 3 volte.

Prevenire l’infestazione da acari:

Qualsiasi trattamento andrà svolto su consiglio e sotto controllo del veterinario, ma per prima cosa è necessario porre attenzione alla prevenzione.
Eseguire di prassi la quarantena per gli uccelli appena acquistati o di rientro dalle mostre e studiare gli allevamenti in modo da ridurre la possibilità che gli acari trovino facili ripari.
Tutto l’allevamento dovrà essere essenziale e facilmente pulibile e disinfettabile, costruito con materiali non porosi (sconsigliabili le strutture in legno, da preferire quelle in muratura o metalliche o plastiche) e con gabbie siano staccate di almeno 5 cm dai muri. Sono sempre preferibili i posatoi pieni (di legno o materiale plastico) che possono essere disinfettati una volta alla settimana lasciandoli una notte in acqua e ipoclorito di sodio. Di fondamentale importanza sono le reti antipassero e le zanzariere da porre sulle aperture dell’allevamento (bocchette di ventilazione, finestre, porte), al fine di ridurre il rischio di ingresso di uccelli o altri animali selvatici. L’igiene e la pulizia dell’allevamento dovranno sempre essere molto curate, in tal modo si potranno prevenire le infestazioni da acari con ciclo ambientale e ci si potrà accorgere immediatamente della loro eventuale presenza, evitando che la situazione degeneri in una infestazione massiva.
Non disinfettare o fare trattamenti “sullo sporco”!
Per prima cosa usare “olio di gomito” ed una aspirapolvere potente per rimuovere dall’allevamento la sporcizia più grossolana e solo dopo aver tolto polvere, penne, semi caduti al suolo, ecc. fare trattamenti mirati.
Una buona prevenzione si basa anche su trattamenti antiparassitari periodici, da eseguire su tutti i soggetti ove vi sia il rischio di contagio, o sui soli soggetti appena acquistati o di rientro da mostre o fiere. Almeno due volte all’anno andrebbero trattati con specifico prodotto antiparassitario ambientale tutte le strutture dell’aviario e le pareti dopo aver allontanato gli animali.
Segnaliamo che oltre ai classici prodotti da spruzzare sono poco utilizzate ma molto utili le bombolette a rilascio totale di principio attivo per trattare ambienti difficili. Sono dei trattamenti venduti sotto forma di bomboletta che una volta azionata si svuota completamente e sotto forma di gas antiparassitario si insinua in ogni pertugio della stanza. Il trattamento è tossico per persone e animali e va fatto solo in stanze chiuse ermeticamente e senza uccelli e seguendo scrupolosamente le indicazioni riportate dal produttore.

Prodotti più utilizzati per i trattamenti:

I prodotti più utilizzati sugli animali possono essere suddivisi tra: antiparassitari esterni (rimangono sulla pelle e non vanno all’interno dell’animale) e antiparassitari endectocidi (vanno in circolo ed uccido sia gli acari esterni sia quelli interni).
Il prodotto ad azione esterna più conosciuto è il Fipronil, quello sistemico la Ivermectina diluita in glicole propilenico.
Il trattamento degli acari della rogna e degli acari respiratori viene in genere eseguito con applicazioni topiche o con l’assunzione orale di una soluzione di glicole propilenico ed Ivermectina. La medesima soluzione può essere utilizzata per gli acari mallofagi ed ematofagi, anche se ha una durata d’azione piuttosto limitata di soli pochi giorni. Per il trattamento degli acari esterni esistono prodotti a base di Fipronil, Imidacloprid , Selamectina o Moxidectina realizzati per cani e gatti, ma applicabili anche sugli uccelli se opportunamente dosati.
Questi prodotti hanno una durata d’azione nettamente maggiore rispetto alla Ivermectina, quantificabile per alcune molecole in circa 20-30 giorni.
Tutte queste molecole non sono state studiate in maniera specifica per le specie in questione ed il loro utilizzo si basa sulla pratica clinica e sull’estrapolazione di esperienze di campo. Vanno quindi sempre fatte delle prove su pochi soggetti prima di trattare tutto l’effettivo e anche in questo modo non è possibile escludere possibili effetti collaterale derivanti dall’utilizzo di molecole non registrate in queste specie animali.
Per la disinfestazione ambientale vengono impiegati prodotti a base di Piretroidi od Organofosforici e Carbamati da utilizzare per la disinfestazione dell’allevamento previa rimozione degli animali dall’aviario. L’operatore deve proteggersi con mascherina e guanti e non deve entrare in contatto con gli insetticidi.
Queste disinfestazioni possono essere effettuate annualmente o in caso di infestazione manifesta. Un piccolo appunto va fatto sui nidi, dove si possono applicare delle soluzioni spray di Fipronil che se spruzzate al di sotto del nido permettono di controllare gli acari senza toccare i nidiacei sfruttando i vapori del prodotto.
I nidiacei non vanno mai trattati direttamente ed i prodotti antiparassitari vanno applicati dopo i 2 mesi di vita nei piccoli uccelli ornamentali.
Attraverso l’utilizzo di questi prodotti associati si ottengono in genere ottimi risultati debellando i parassiti ma, come speso accade, anche in questo caso la diagnosi precoce è molto utile per poter intervenire presto, su infezioni di piccola entità e facilmente gestibili senza sforzi esagerati.
Anche con gli acari quindi prevenire è meglio che curare!