Clinica veterinaria "Casale sul Sile"...
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ALIMENTAZIONE E RIPRODUZIONE DEGLI UCCELLI ORNAMENTALI

In questa relazione scritta insieme all’amico Loris Tamassia, Nutrizionista della storica ditta mangimistica Raggio di Sole, ripercorriamo gli aspetti più importanti dell’allevamento amatoriale degli uccelli ornamentali.

E’ un testo per neofiti che vogliono imparare i rudimenti dell’allevamento ma può rappresentare anche una verifica della propria preparazione per l’allevatore di lungo corso.

La prima considerazione da fare quando si parla di allevamento di uccelli ornamentali è differenziare tra allevatore ed hobbista. Infatti l’approccio all’allevamento, cura e alimentazione dei propri animali deve essere profondamente diverso nelle due categorie.
L’allevatore rispetto all’hobbista deve avere maggior interesse per l’insieme dei suoi animali che non il singolo. Quest’ultimo non può e non deve essere d’intralcio all’allevamento nel suo complesso.
L’allevatore non deve quindi legarsi affettivamente ad un soggetto che non può dare risultati riproduttivi o che non è in condizioni di salute ottime, perchè questo atteggiamento può pregiudicare la salute genetica e igienico sanitaria dell’intero effettivo. Bisogna essere emotivamente pronti a cedere soggetti non idonei.
Altra differenza tra hobbista ed allevatore è che quest’ultimo nell’alimentare i suoi animali, deve essere in condizione di dar loro tutto ciò di cui hanno bisogno e nelle giuste proporzioni senza bisogno di perdere troppo tempo per la fabbricazione del cibo. Questo permette di risparmiare tempo da dedicare a tutte le altre attività di gestione e pulizia degli ambienti, osservazione e scelta dei riproduttori, attività di studio e approfondimento nella selezione del ceppo.
Nella scelta dei riproduttori è basilare la valutazione non solo della corrispondenza del soggetto ai moderni canoni di bellezza ai fini della produzione di soggetti da competizione, ma anche delle perfette condizioni di salute. La prima profilassi non si fa con i farmaci ma mettendo in riproduzione solo i soggetti più sani, senza evidenza di patologie gastro-intestinali o rumori respiratori anomali, con un perfetto stato del piumaggio ed una grande vivacità. L’allevatore attento sa valutare a colpo d’occhio lo stato di salute generale di un soggetto e sarà perfettamente in grado di individuare un riproduttore che non sta raggiungendo la perfetta forma amorosa. Anche in questa fase bisogna avere il coraggio di cedere i soggetti che per quanto belli o geneticamente validi non siano in apparenti stato di buona salute.
Non si può pretendere di allevare se le condizioni di salute e vivacità non siano perfettamente espresse. La salute del sistema digerente è facilmente valutabile attraverso l’osservazione delle deiezioni durante le ore notturne. Le deiezioni diurne sono fortemente influenzate dalle attività fisiologiche e dal movimento nella gabbia. Le devono essere compatte, con netta suddivisione tra il contenuto intestinale scuro (in ragione di 2/3 del totale) e gli urati bianchi (1/3 del totale). La dimensione dello “schitto” prodotto nelle ore notturne nei soggetti sani deve rimanere nello spazio di una moneta da un euro.
La salute del sistema respiratorio è facilmente rilevabile ascoltando i rumori respiratori. In condizioni di salute durante la respirazione l’animale non emette alcun suono. Se ci sono patologie sottostanti si possono udire sibili alla respirazione spesso associati al “basculare” (movimento oscillatorio in su e giù) della coda sincrono con ogni atto respiratorio. I sibili sono meglio udibili la sera a luce spenta.
Nella scelta dei riproduttori miglioratori per la genetica del ceppo non bisogna pensare che solo i soggetti più blasonati possano aumentare il punteggio medio nella prole. Infatti a causa della forte consanguineità presente nelle razze moderne spesso i fratelli di nidiata o i cugini di primo grado hanno analoghe probabilità di dare ottimi soggetti e quindi non vanno scartati e possono essere una valida alternativa nel caso il campione sia in condizioni di salute incerte.
Nella creazione del numero delle coppie in allevamento vanno sempre tenute presenti il numero massimo di soggetti che possono essere ospitati in una stanza. Decidere sempre il numero prima degli acquisti per non compiere scelte solo sulla base dell’emotività. In genere per soggetti della dimensione di un canarino, si ritiene che in 1 metro cubo d’aria non si possano ospitare più di 2 coppie di uccelli. Naturalmente questi sono valori orientativi e possono variare a seconda del sistema di ricircolo di aria presente nell’ambiente.
In generale entrando in allevamento non bisognerebbe sentire alcun odore, perchè l’aria dovrebbe essere pulita, priva di polveri e odori cattivi (ammoniaca). Il ricambio di aria deve essere continuo senza naturalmente creare delle pericolose correnti d’aria. Questo ricircolo è facilmente ottenibile praticando due fori in due pareti opposte dell’allevamento, un foro in alto ed uno in basso, in maniera simile a quanto si fa nelle nostre camere caldaia o cucine. In questo modo l’aria rimane in movimento senza creare correnti e si riduce la quantità di polveri e prodotti di evaporazione delle deiezioni nella frazione respirata dagli uccelli. Per i nostri volatili l’igiene dell’aria è particolarmente importante perchè il loro sistema respiratorio, così complesso ed articolato, facilita la concentrazione delle molecole dannose nei sacchi aerei, bronchi, parabronchi e polmoni.
Spesso un uccello che respira male o semplicemente che ha le narici bagnate e gli occhi che colano non è malato di nessuna malattia infettiva ma è solo alloggiato in ambiente non idoneo. Ad esempio dei soggetti che stazionano in stanza di allevamento con altezze inferiori a 1 metro hanno maggiori probabilità di sviluppare sindromi respiratorie ed oculo/congiuntivali.
In commercio esistono molte attrezzature per la depurazione dell’aria come ozonizzatori, ionizzatori, e filtri vari e deumidificatori. Sono tutte attrezzature molto utili in singole condizioni di allevamento che non esimono l’allevatore dal favorire il miglior ricircolo naturale.
Altri due fattori di vitale importanza per i nostri allevamenti sono la luce e l’umidità. Per quanto riguarda la luce nessuna lampada potrà mai sostituire lo spettro solare, che non solo ha funzione di mandare in estro correttamente i nostri animali ma se irradiata direttamente in allevamento ha anche un funzione disinfettante sull’ambiente. Per ambienti che non abbiano la possibilità di una fonte di luce naturale i sistemi alba-tramonto in commercio sono dei validi sostituti e nel caso si utilizzino neon ne vanno applicati sempre almeno due nello stesso ambiente. Infatti la luce intermittente del neon può disturbare gli animali, ma se presenti due lampade accese contemporaneamente questo effetto intermittenza si annulla.
L’umidità andrebbe registrata con un igrometro e dovremmo mantenerla in un range ideale di 60/70%. Si preferisce arrivare al 75/80% solo durante i giorni di schiusa. L’umidità va controllata con un deumidificatore ma può essere condizionata per chi ama il “fai da tè” con delle vaschette riempite di calce idrata lasciate nell’ambiente. La calce idrata rilascia umidità in ambiente secco e la assorbe in ambiente umido fungendo così da grossolano regolatore dell’umidità.
La diffusa abitudine di somministrare farmaci ed integratori alimentari nell’acqua di bevanda comporta dei rischi che vanno conosciuti. Infatti il dosaggio della molecole per litro d’acqua è calcolato su un consumo medio stimato di acqua pro-capite al giorno. La quantità di acqua assunta da ogni uccelli è fortemente influenza dalle condizioni ambientali e in una torrida giornata d’agosto può essere quadrupla rispetto ad una fredda giornata di gennaio. Senza considerare che è anche fortemente condizionata dalla disponibilità di fonti di cibo fresche come frutta e verdura che possono ridurre in maniera sostanziale l’assunzione di acqua. E’ per questo che la dose ingerita di molecola disciolta nel veicolo acquoso può essere in alcuni casi insufficiente ad ottenere l’effetto sperato, in altri casi tossica perchè eccessiva per il peso del soggetto in questione.
Per quanto riguarda la formulazione delle razioni per uccelli granivori sono disponibili in commercio negli ultimi anni dei prodotti estrusi, pellettati o formulati in pastoni granulari che si prefiggono di sostituire in toto le sementi. A parere degli autori non è possibile ad oggi sostenere che un uccello granivoro possa avere una alimentazione priva di grani e sementi. In questa logica quindi i prodotti estrusi vanno intesi come un interessate integrazione e sono complementari all’alimentazione ma mai come alimento completo. La struttura del tratto gastroenterico degli uccelli granivori si è infatti adattata nell’arco di migliaia di anni alla digestione delle sementi ed è quindi logico pensare che una formulazione molto diversa dal seme, per quanto nutrizionalmente valida, non stimoli in maniera corretta i processi digestivi e possa portare conseguenze negative sul lungo periodo sulla capacità riproduttiva e sulla salute dei soggetti.
Il grit è composto da quattro frazioni: pietra calcarea (rossa), pietra silicea (bianca), gusciod’ostrica sterilizzati, carbone vegetale. La pietra calcarea si consuma, la pietra silicea è la più dura, l’ostrica è il meno dura. L’osso di seppia invece ha una funzione di spazzolino per gli uccelli, utile per la pulizia del cavo orale e becco. L’addizione di carbone vegetale nel grit quale alimento complementare degli uccelli ha effetti benefici quando somministrato in percentuali inferiori al 2/3 %; in concentrazioni superiori impedisce il corretto assorbimento delle vitamine del gruppo B e risulta dannoso per la funzionalità intestinale.
La maggiore difficoltà per il nutrizionista che voglia preparare una miscela o un pastone adatto ad una singola specie o varietà di uccelli è che non esistono studi scientifici sui fabbisogni nutrizionali delle diverse specie. Ci si può quindi solo riferire a dati anedottici, esperienze sul campo, trasposizione di concetti studiati per specie da reddito come polli e galline.
Un’altra difficoltà che si deve porre il nutrizionista è decidere se vuole produrre un mangime che soddisfi le voglie degli uccelli, i desideri del proprietario o le esigenze del negoziante. Infatti per fare un esempio un mangime ghiotto con molti semi grassi farebbe contenti gli uccelli, un mangime con bei colori e profumi che piacciono alle persone farebbe contento il proprietario che deve comprarlo ed un mangime che ha grandi margini di guadagno e che si conserva a lungo farebbe contento il negoziante!
In media un canarino mangia ogni giorno 3 grammi di misto (miscela di sementi) e 2 grammi di pastone. Questo in una fase fisiologica di mantenimento. Beve circa il doppio ovvero 10 ml di acqua al giorno. Non è una grande spesa alimentarli con un mangime di ottima qualità se rapportato al risparmio annuo.
I momenti nei quali gli errori alimentare fanno più danni sono quelli metabolicamente più stressanti come la muta del piumaggio e la riproduzione. È infatti in questo momenti che se l’alimentazione in allevamento viene trascurata si rilevano problemi come: glossiti, vaiolo, colibacillosi, infertilità, ecc.
Le quattro sementi classiche nel canarino sono: scagliola, niger, canapa, lino.
La scagliola va immaginata come il pane per noi, è la base che fornisce energia a poco altro. È presente in misura maggiore rispetto alle altre quattro sementi. Se si vogliono tenere i canarini calmi e farli dimagrire si somministrano semi come la scagliola, ovvero i così detti semi chiari.
La scagliola è la semente più importante del settore ed il suo prezzo subisce forti variazioni a seconda della provenienza e quindi della qualità. La migliore scagliola è quella canadese, seguita da da quella ungherese, libanese, croata, ucraina, ceca o marocchina. La scagliola ceca o marocchina costa metà di quella ungherese.
I semi chiari sono amidacei e contengono molti carboidrati e poche proteine e lipidi (grassi). Oltre alla scagliola fanno parte dei semi chiari il panico, il miglio e l’avena decorticata.
Il miglio paglierino proviene dall’Est Europa (Ungheria), il miglio bianco dal Nord America e da poco anche dalla Francia del Nord, il miglio rosso è originario dell’Ungheria. Tutti hanno le stesse caratteristiche nutrizionali ed il loro impiego è dettato da esigenza commerciali. Il miglio migliore è quello giapponese ma il forte prezzo ne limita l’utilizzo in ornitologia.
I così detti semi scuri (ravizzone, colza, niger, canapa, girasole e lino) sono i semi oleosi ovvero contengono molti grasssi, hanno un tenore di proteine medio alto mentre i carboidrati sono quasi assenti.
Il ravizzone è un seme grasso che va usato con attenzione perchè più dare dorature e colorazioni del piumaggio nei canarini lipocromici per l’alta concentrazione di tannini pigmentanti al suo interno.
La colza è una varietà del ravizzone. Sarebbe un ottimo seme ma non gode del giusto apprezzamento da parte degli allevatori perchè si è reso responsabile di un grave fenomeno di intossicazione di molti allevamenti negli anni trascorsi a causa di una partita infestata da aflatossine. Questo fenomeno fortuito ne ha limitato l’utilizzo anche se la stessa tossi-infezione avrebbe potuto essere stata veicolata da qualunque altra varietà di seme. La partita in questione era stata mal conservata in silo metallici.
Il lino è importante nella colorazione dei canarini rossi e si usa in ragione del 3/5% nelle miscele delle loro sementi durante la fase della muta e quindi della colorazione. Il colore sintetico rosso ha bisogno di una alimentazione ricca di grassi per poter essere fissato nel piumaggio in quanto è una molecola lipofila. Il lino contiene anche delle mucillagini che favoriscono il transito intestinale e regolano la flora batterica.
Altro semente che aiuta nella colorazione dei canarini è la perilla. Esiste solo la forma bianca e quelle di colori diversi sono mal conservate, oppure che hanno subito dei processi chimici di estrazione degli oli e vanno considerate frodi commerciali. Si usa in ragione di 3/4% del totale della miscela durante la muta del piumaggio e la colorazione delle stesso. La perilla proviene dalla Bolivia.
La canapa è un seme scuro eccitante che provoca aggressività ed in dosi eccessive provoca fenomeni di pica, cannibalismo e infertilità. Viene importato dal Nord della Francia e dall’Inghilterra. In commercio si può trovare sotto tre forme: canapa, canapuccia e canapuccina. Il nome indica la dimensione del seme ma anche il valore nutrizionale. Infatti il seme più grande (canapa) ha già finito il suo sviluppo ed è organoletticamente più stabile, mentre quelli più piccoli (canapuccino) sono ancora giovani ed essendo ricchi di acqua il loro deterioramento è molto rapido.
Il niger è un seme di una pianta arbustiva e non erbacea e proviene dalla Nigeria. Il tronco della pianta arriva ad altezze di quindici metri. Il seme naturale è nero opaco. Se troppo lucido alla vista c’è forte rischio che abbia subito un forte stress termico che ha permesso la liberazione dell’olio contenuto nel seme stesso. Essendo il seme di niger conservato dagli stati produttori come riserva di cibo per la popolazione, il raccolto di un anno viene venduto da minimo 1 fino a 3-4 anni dopo. Logicamente un seme conservato molti anni nei silo avrà subito molti stress termici diventando molto lucido. Più è lucido più è vecchio.
La prova per verificare la freschezza di un seme è la germinabilità dello stesso. Si mettono in un cotone imbevuto di acqua un certo numero di sementi in ambiente caldo e si conta dopo 2 giorni quante hanno germinato sul totale dei semi. La percentuale espressa in un numero ci dice la percentuale di germinazione.
I semi oleaginosi sono solitamente definiti semi scuri o neri, perchè salvo rare eccezioni (es. niger che proviene dall’Africa) si coltivano in climi freddi (lino, canapa, ravizzone) ed hanno la scorza esterno scura. Fanno eccezione le sementi oleaginose prodotte in climi molto caldi ed assolati che per evitare di “friggere” si sono fatti il “vestito chiaro” e sono: girasole bianco, cardo cartamo e perilla.
La perilla proviene dalla Bolivia, il cardicartamo (cardo bianco) proviene dal Sudan ed il Girasole bianco dall’Egitto e dal Kenia.
Nella preparazione dei riproduttori alla stagione degli amori vanno considerate le differenze esistenti tra diverse specie razze e varietà. Ad esempio nei canarini sassoni bisogna cominciare ad alimentare i riproduttori con la stessa dieta che avranno duranti l’imbecco dei piccoli almeno 30 giorni prima nel caso delle femmine e almeno 40 giorni prima nel caso dei maschi. Per i canarini di forma e posizione pesanti bisogna raggiungere almeno il 21% di proteine e l’8% di grassi sia in riproduzione sia in muta.
Nella percentuale di proteine va sempre considerato l’assetto amminoacidico, ovvero con quali “mattoni” sono fatte queste proteine. Nei mangimi di scadente qualità gli amminoacidi essenziali sono carenti e quindi quelle proteine sono poco digeribili e poco sfruttabili per il metabolismo degli uccelli.
La fonte migliore di proteine per gli uccelli è l’uovo perchè è ricco di amminoacidi essenziali ed è facilmente digeribile dal loro intestino. Segue la caseina ed il siero magro dolce di vitelli, ai quali però vanno addizionati gli enzimi per digerirli che sono assenti nel tubo gastroenterico dei non mammiferi.
Un pastone secco ha circa il 3,5-5% di grassi, mentre quello morbido ha circa il 12-14%.
Questi valori vanno considerati quando si programmano gli accoppiamenti.
Nei pastoni da muta abbiamo un livello proteico inferiore ma un maggior apporto di amminoacidi solforati indispensabili per la formazione del piumaggio (che rappresenta circa il 20% del peso corporeo).
Il vantaggio dei semi cotti consiste nella predigestione del seme, che durante la cottura subisce la rottura della molecola di cellulosa. La tecnica è semplice e consiste nel portare ad ebollizione l’acqua, inserire i semi e lasciarli a cucinare per 7/10 minuti.
Se il ravizzone viene cotto libera i tannini e quindi non ha più la funzione colorante sul piumaggio!
Il vantaggio dei semi germinati è che apportano vitamine e minerali che vengono dispersi con la cottura, ma sono igienicamente molto meno sicuri perchè non hanno subito un trattamento termico.
L’aggiunta di semi cotti o germogliati al pastone non varia molto la quantità di grassi ma riduce in maniera sensibile la quantità di proteine. Aumenta l’appetibilità in quasi tutte le specie.
Fare un pastone non è un gioco da ragazzi. Nella sua preparazione entrano a far parte più di 40 elementi come materie prime. Nella sua lavorazione il solo processo di miscelazione richiede più di 2 ore di tempo. Improvvisarsi nutrizionisti e lanciarsi in fantasiose alchimie casereccie non può che peggiorare la qualità del prodotto che andiamo a somministrare ai nostri animali e non garantisce la costanza qualitativa.
Piuttosto che perdere tempo e risorse nelle integrazioni dei pastone già pronti in commercio sarebbe preferibile utilizzarli correttamente per il periodo e nelle dosi raccomandate. Sarebbe bene non toccarli mai con le mani ma solo con utensili puliti ed una volta aperti conservarli in luogo fresco ed asciutto e finire velocemente il sacchetto in uso. Le sementi aperte non hanno problemi di conservazione; il pastone morbido mielato va tenuto in ambiente chiuso e buio e deve essere finito in un mese, il pastone secco va finito in due mesi e conservato al riparo dalla dalla luce e umidità.
Il sacco chiuso ha durata 18 mesi ma essendo le vitamine molto deperibili molte marche preferiscono lasciarle in bustine separate e farle miscelare solo al momento del consumo.
Oggi i prodotti alimentari ad uso zootecnico devono sottostare ad una legislazione molto seria e precedono in questo sistema di controllo di due anni le ditte che producono alimenti ad uso umano.