Le tartarughe terrestri mediterranee del genere Testudo (T. Hermanni, T. marginata, T. greca) sono piuttosto diffuse come animali da compagnia nelle nostre case.
Spesso chi le detiene non ha competenze specifiche di erpetologia e rischia di commettere errori molto grossolani.
Il letargo è un periodo dell’anno, quello appunto freddo dell’inverno, nel quale i rettili possono mettersi “a riposo” per passare questo momento poco fruttuoso per nutrirsi e riprodursi in attesa di “tempi migliori”, cioè della stagione calda.
Per contro alcuni rettili si difendono con un analogo “sonno” sotto il fango e in zone melmose in presenza di temperature eccessivamente alte nel periodo caldo: fenomeno dell’estivazione.
Le tartarughe che hanno come areale di distribuzione quello del Mediterraneo si sono adattate a questo particolare periodo di “riposo invernale” e per certi versi ne hanno bisogno.
Infatti animali che non vengano mai sottoposti al letargo, come ad esempio quelli da compagnia ospitati all’interno di abitazioni riscaldate, non moriranno sicuramente, ma crescendo molto più velocemente dei “dormiglioni” invecchieranno prima. Inoltre potrebbero diventare velocemente sterili e non potersi più riprodurre (i vantaggi ai fine della riproduzione del letargo/brumazione sono conosciuti da molto tempo dagli allevatori professionisti). Alcuni soggetti tenuti sempre svegli possono sviluppare una iperfunzionalità del loro sistema endocrino con l’instaurarsi di un ipertiroidismo.
Se fatto bene quindi il letargo è un momento salutare dell’anno per le nostre tartarughe terrestri.
Il letargo andrebbe indotto orientativamente da ottobre e marzo di ogni anno.
Andrebbero messi in letargo soggetti che hanno superato i tre anni, per ridurre le perdite che in natura si hanno con i soggetti molto giovani. I piccoli invece andrebbero ospitati dentro casa, tenuti al caldo e nutriti tutto l’inverno, avendo cura di esporli per tutto il periodo invernale a bagni di sole o in alternativa a lampade a radiazione ultravioletta per erpetologia (per evitare il rischio di osteofibrosi).
Non vanno messi in letargo neppure i soggetti che non si trovino in eccellenti condizioni di salute, quelli malati, denutriti o sotto cura per pregressi traumi o interventi chirurgici. Con il letargo di ferma il metabolismo, quindi anche la capacità di rigenerare i tessuti e guarire le ferite.
I soggetti candidati al letargo devono essere fatti digiunare per 7-10 giorni prima di abbassare la temperatura, per svuotare il tubo gastro-enterico ed evitare così pericolose fermentazione del materiale digerente nell’intestino. I soggetti che vivono all’aperto e svolgono in giardino il letargo smettono naturalmente di mangiare 1-2 settimane prima di interrarsi.
Per gli animali che dovranno andare in letargo in giardino va preparata una zona coperta, ad esempio da una larga tavola di legno inclinata per non raccogliere acqua oppure una cuccia da cani in un angolo rialzato dal resto del terreno. In questo modo si eviteranno inondazioni con conseguente annegamento dell’animale sia per l’eccesso di pioggia sia per acqua che arrivi per gravità.
Il substrato nel quale l’animale dovrà interrarsi dovrà essere morbido ed io consiglio di mescolare fieno tritato, foglie secche e torba in modo da creare almeno 50 centimetri di materiale. Questo dovrà essere distanziato dal “tetto” per permettere le operazioni di scavo. A interramento avvenuto, l’animale potrà essere coperto di altre foglie per mantenere la temperatura più costante ed evitargli gli sbalzi termici.
Per chi non possedesse un giardino le testuggini possono essere messe in una cassetta di legno e ricoperte di foglie secche e fieno. A questo punto l’animale può essere trasportato in una stanza buia fresca ed asciutta, al riparo da insetti e roditori e non disturbato per tutto il periodo invernale.
Mentre per gli animali che stanno in giardino non si può avere il controllo delle condizioni di umidità e temperatura, per quelli chiusi in casa queste condizioni sono di vitale importanza e vanno monitorate e gestite.
La temperatura deve essere sufficientemente bassa da tenere l’animale completamente addormentato, per non rischiare che, restando in “dormiveglia”, consumi tutte le sue riserve energetiche e muoia. Deve essere abbastanza alta da non causare congelamenti e danni cerebrali da freddo irreversibili (Encefalopatia a frigore).
Si ritengono corrette temperature minime di 5 C° e massime di 12 C°. Solitamente si consiglia una temperatura intermedia di 7/8 C° costanti tutti il letargo.
Per tenere controllata la temperatura ci si può servire di un termometro con massimo e minimo facilmente reperibile in commercio.
Per quanto riguarda l’umidità, questa solitamente rimane corretta se il locale risulta correttamente aereato.
Quando poi si tratterà di svegliare le tartarughe dal lungo sonno bisognerà ricordarsi che possono metterci molti giorni per ritornare in piena forma e che saranno disidratate, indebolite e più soggetti a certe malattie come stomatite, cheratite e rinite (Runny nose sindrome). Particolare attenzione andrà anche posta nel non mescolare tartarughe di diversa provenienza e portare a casa soggetti nuovi perché in questa fase sono molto recettive a malattie virali pericolosissime come l’Herpesvirus.
Gli animali andranno messi ogni giorno “a mollo” nell’acqua tiepida a 25-30 C° per 15/20 minuti per favorire la abbeverata e perché defechino.
Gli andrà tolto il muco proteinaceo che fisiologicamente si forma sugli occhi durante l’inverno (Cheratopatia post-letargo) perché possano vederci meglio con un cotton fioc e del collirio gelatinoso come il Lacrinorm.
Vanno tenuti in condizione di potersi esporre al sole molte ore al giorno per stimolare il metabolismo e bisogna fare estrema attenzione che non siano morse dai roditori e dagli altri animali domestici.
Solitamente ricominciano a mangiare con appetito dopo 7-10 giorni.