Clinica veterinaria "Casale sul Sile"...
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GECO LEOPARDO (EUBLEPHARIS MACULARIUS)

Il Geco Leopardo (Eublepharis macularius) è un sauro, al pari di altri “nuovi animali da compagnia” come le Iguane dai tubercoli, i Draghi Barbuti (Pogona vitticeps) e i Draghi d’Acqua (Physignathus cocincinus). E’ sicuramente il Geco più allevato al mondo, anche se a questa famiglia di animali appartengono ben 1.050 specie distribuite su tutto il globo terrestre.

Appartiene alla famiglia dei Gekkonidae e alla sottofamiglia degli Eublepharinae, cioè dei Gechi forniti di palpebre mobili.
A differenza dei comuni Gechi che possiamo osservare nelle nostre case dell’Italia meridionale ed insulare, i Leopardini non posseggono lamelle adesive sotto le zampe e quindi non possono restare attaccati alle pareti. Hanno invece unghie ben sviluppate per arrampicarsi su piante e rocce.
Provengono dal nord dell’India, Pakistan ed Afghanistan. Il loro habitat è arido e semidesertico, con sabbia, rocce e piante spinose e con poche foglie.
Sono fondamentalmente terricoli e salgono sulle piante solo per cacciare insetti. Vivono al suolo e dormono e si riparano negli anfratti delle rocce.
I Gechi ancestrali (simili cioè a quelli presenti in natura) hanno dimensioni contenute, di circa 40-100 grammi di peso ed una lunghezza che non supera i 20 centimetri.
Sono state selezionate dagli allevatori molte varietà “artificiali” come i “Giant” che possono arrivare a dimensioni triple rispetto agli ancestrali. Gli allevatori si sono sbizzarriti anche con la selezione dei colori.
La colorazione ancestrale è bruno-gialla come sfondo con bande (nei giovani) e macchie (negli adulti) color marrone. La caratteristica maculatura degli adulti conferisce il nome di Geco Leopardo.
Il privato che decida di comprare questo animale può tenere sia soggetti singoli (sembrano non necessitare di interazioni sociali) sia in coppia o in harem (1 maschio con 2-3 femmine) per ridurre il rischio di conflitti tra maschi.
I giovani vanno tenuti separati dagli adulti per evitare che diventino un loro pasto (i Gechi possono essere cannibali con i propri simili più piccoli)!
Importantissimo fornire loro un rifugio per sottrarsi a sguardi indiscreti e per andare a riposare. Se presenti più animali nello stesso terrario dovrà esserci un rifugio in più rispetto al numero di animali presenti. Come rifugio va benissimo un pezzo di sughero grezzo, un legno scavato, un vaso di cotto per fiori o qualsiasi materiale “naturale” in sasso e legno.
Le dimensioni minime per un terrario sono 60 cm/30 cm/40 cm. Naturalmente vale sempre la regola che “più è grande meglio è”. Il terrario va allestito in modo che ci siano più livelli (con tronchi e sassi ruvidi per non scivolare) e che quindi l’animale possa tenersi in esercizio muovendosi ed arrampicandosi. L’arricchimento ambientale serve anche per “distrarre” e tenere impegnata la mente della bestiola in un ambiente per definizione poco stimolante come la teca di vetro. Inserire sempre oggetti che non possano ferire il Geco (con punte o lame) e che non lo mettano in condizioni di pericolo (come oggetti riscaldanti oppure sassi messi proprio sotto la fonte di calore dove l’animale può stazionare troppo a lungo causandosi delle ustioni).
La gabbia deve avere un gradiente termico con variazione orizzontale della temperatura da un punto sotto la lampada riscaldante di circa 30° gradi fino a quello più lontano, nel lato opposto, di circa 20°. Di notte è possibile abbassare la temperatura di alcuni gradi (ad esempio nei nostri appartamenti, spegnendo la lampada e lasciando la teca senza riscaldamento). La temperatura va sempre rilevata con termometro da terrariofilia da inserire nella teca. L’aumento eccessivo può essere molto pericoloso. Sopra i 32° i Gechi diventano molto nervosi, iperattivi e di colore più scuro. Sopra i 38° possono morire velocemente. Meno pericolosa l’ipotermia, che comunque impedisce ai Gechi, come a tutti gli animali a sangue freddo, di compiere le loro fisiologiche funzioni organiche.
Personalmente consiglio come fonte di calore una lampada ad infrarossi o in vetroceramica da inserire all’esterno del terrario o all’interno in posizione tale da non essere raggiunta e provocare ustioni. La lampada va collocata ad una estremità e non al centro del terrario per creare il gradiente termico desiderato. Non consiglio l’uso di pietre con cavetti termici o tappetino perché ho dovuto visitare e medicare molte volte animali ustionati o folgorati a causa del mal funzionamento di queste apparecchiature.
Esistono in commercio anche lampade che emettono sia calore sia radiazione ultravioletta (UVA-UVB) per la sintesi della vitamina D3 indispensabile per il metabolismo del calcio da parte del Geco. Il loro utilizzo è contraddittorio in quanto alcuni autori sostengono (come per altri animali da ternario, come i Boa Costrittori ed i Pitoni Reali) che, essendo il Geco Leopardo un animale notturno, non necessita di un surrogato dell’illuminazione naturale.
Personalmente e senza voler entrare nel merito della questione ritengo utile, anche se non indispensabile, l’utilizzo di queste lampade. In natura infatti questi animali si muovono sì dopo il tramonto, ma credo che ricevano comunque molta radiazione indiretta anche nelle loro tane e nascondigli, vivendo in zone desertiche e senza alcun riparo naturale.
La radiazione ultravioletta aiuta inoltre, insieme ad una corretta alimentazione ed integrazione di calcio, la prevenzione di una malattia molto comune: la Malattia Ossea Metabolica (M.O.M.).
Il substrato di fondo del terrario può essere di diversa natura. I più sicuri, anche se poco estetici, sono i fogli di giornale o i tappetini di erba finta. Personalmente preferisco un substrato di sabbia fine che rappresenta il materiale più naturale e vicino a quello della loro zona di origine, oltre che essere di miglior impatto visivo. La sabbia tuttavia non può esser considerata del tutto sicura perché, se ingerita dagli animali, può causare impiccamento gastrico ed intestinale, a volte anche mortale. Va posta molta attenzione alla somministrazione delle prede più morbide o viscide che rischiano di finire “impanate” di sabbia, facendo ingerire anch’essa al nostro Geco. Non vanno quindi appoggiate direttamente sulla sabbia ma servite in un apposito contenitore.
La pulizia del terrario è estremamente agevole poiché il nostro amico ha la gradevole caratteristica di sporcare sempre nello stesso angolo della teca.
Il fotoperiodo deve essere di 12 ore di luce e 12 di buio. Lo si può garantire in maniera facile ed economica recandosi in un negozio di materiale elettrico ed acquistando un timer da inserire tra la presa della lampada riscaldante e la presa della corrente. Basterà selezionare l’ora di accensione e l’ora di spegnimento e non dovremmo più ricordarci di correre a casa a spegnere la luce del terrario.
Il Geco è soggetto alla muta della pelle che provvede poi a mangiare alla fine dell’operazione di “svestizione”. Questa è una caratteristica propria del Leopardino.
Per favorire la muta (ecdisi) è necessario allestire una piccola zona del terrario con una vaschetta contenente vermiculite (isolante reperibile nei negozi di materiale per edilizia) bagnata in modo che, entrandoci, possa ammorbidire la pelle che verrà via più facilmente. E’ molto importante tenere umida la zona delle dita, attorno alle quali, se la muta rimane incompleta, possono rimanere degli anelli di pelle morta che, stringendo le estremità, ne causano la necrosi ischemica e quindi la caduta.
Nei giorni che precedono la muta, l’animale assume una colorazione molto opaca, quasi grigiastra. Dopo il rinnovo della pelle i colori ritornano sgargianti e più brillanti. La muta (exuvia) nei Gechi non è un pezzo unico come negli Ofidi ma si stacca a brandelli anche piccoli, che l’animale rimuove sfregandosi sulle rocce e sugli arredi.
Nei giovani in rapida crescita la muta avviene ogni 2 settimane, nell’adulto ogni 3-4 mesi.
Molto importante è la corretta alimentazione dei Gechi Leopardo che rappresenta un viatico per la loro buona salute. Sono animali insettivori ed in natura si nutrono di una grande varietà di artropodi. Dovremmo quindi fornire loro ciclicamente almeno 5 tipi di insetti piuttosto diversi.
Quelli reperibili con maggiore facilità, in un qualsiasi negozio di caccia e pesca, sono le tarme della farina (Tenebrio molitor), i kaimani (Zoophobas morio), le camole del miele (Galleria mellonella) e i bigattini (Mosca Carnaria, non li consiglio!). Possono essere acquistati in piccole quantità e tenuti in frigorifero. Prima di somministrarli al Geco vanno lasciati a temperatura ambiente per scaldarsi. Le tarme della farina possono essere tenute in un substrato di farina e pane grattugiato a temperatura ambiente. In questo modo avranno la possibilità di maturare e fare le mute. Avremo così a disposizione tarme bianche appena metamorfosate molto appetibili e nutrienti.
Meno facili da reperire i grilli, che solitamente possono essere acquistati in internet ma solo in grandi quantità. Il loro movimento stimola molto l’appetito dei Gechi.
Prima dell’acquisto del vostro animale informatevi se vicino a voi ci sono rivenditori di animali che possano garantirvi un buon approvvigionamento di prede vive.
Ricordatevi di non dare troppo cibo al Geco. Due insetti ogni due giorni sono sufficienti. Se non lo consuma entro 15 minuti toglietelo. Il Geco preferisce mangiare alla sera. Aspettate che defechi prima di fornire un nuovo pasto.
Altra fonte importante di cibo possono essere gli insetti catturati direttamente nei prati. Fate attenzione a non raccoglierli in prossimità di strade molto trafficate, campi coltivati e frutteti trattati con fitofarmaci. Non somministrate insetti con colori sgargianti, luminosi o di dimensioni maggiori rispetto alla dimensione della bocca del vostro geco.
Le prede vanno “ingollate” 2 volte la settimana con un integratore a base di calcio ed 1 volta la settimana con un integratore vitaminico-minerale completo.
La pratica dell’”ingollo” consiste nel far assumere alla preda del cibo con l’integratore (ad esempio si prende dell’insalata bagnata, si spolvera di calcio e la si da come cibo al grillo) alcune ore prima di dare la preda viva al Geco in modo che assuma l’insetto già ripieno di integratori utili alla sua alimentazione. “Spolverando” gli insetti con l’integratore si ottengono risultati decisamente inferiori.
Nella teca non deve mai mancare un piccolo contenitore con acqua da cambiare tutti i giorni.
Il maschio di Geco Leopardo si differenzia dalla femmina per avere un corpo più tozzo, testa e collo più larghi, ingrossamento alla base della coda (rappresentato dai 2 emipeni, cioè gli organi copulatori maschili) e sopra l’ano una caratteristica linea di puntine e forma di V rovesciata chiamata pori preanali. I maschi sono fertili a circa 50 grammi di peso, raggiunti di solito attorno ai 18 mesi.
La femmina è più piccola, con testa, collo e base della coda meno pronunciati ed con i pori preanali appena abbozzati. Raggiunge la maturità sessuale con il peso di 40-50 grammi a circa 9-18 mesi di età.
Nel periodo riproduttivo, che va da gennaio ad ottobre, sono sufficienti 1-2 accoppiamenti per produrre uova fertili per tutto il periodo. La femmina infatti può tenere al suo interno gli spermatozoi vitali anche per 12 mesi (anphigonia ritardata).
La deposizione delle uova avviene da 15 a 30 giorni dopo l’accoppiamento.
La femmina depone 2 uova alla volta e in una stagione può fare 4-5 covate a distanza di un mese una dall’altra.
Le uova appena deposte hanno un guscio molle ed appiccicoso. Se l’uovo è fertile il guscio diventerà solido, altrimenti rimarrà morbido.
Per far schiudere le uova è necessario trasferirle in un’incubatrice senza capovolgerle, appoggiandole su un vaschetta contenente vermiculite bagnata in rapporto di peso 1:1 con l’acqua.
Se la temperatura di incubazione è di 28°C si otterranno solo femmine, se di 32°C solo maschi, se di 30°C maschi e femmine. All’interno dell’incubatrice va messa una vaschetta con dell’acqua per mantenere un’umidità più elevata.
Le uova si schiudono dopo 1,5-3 mesi ed i piccoli non vanno alimentati fino alla prima muta.
La grossa coda dei Gechi Leopardo contiene corpi adiposi che fungono da deposito di acqua ed energia (come la gobba dei cammelli). Grazie a questa riserva è consentito loro di sopportare bene periodi di digiuno di molte settimane. La dimensione della coda è uno degli indici per valutare lo stato di salute di questi animali.
Se inseguiti o afferrati possono però, come meccanismo di difesa, staccarsi volontariamente la coda per mettere in salvo la vita. Questo fenomeno, conosciuto con il nome di autotomia, è analogo a quello messo in atto dalle comuni lucertole che abbiamo imparato a conoscere sin da bambini.
La coda dopo il distacco ricresce in un tempo variabile dalle 2 alle 6 settimane, ma avrà forma e colorazione differente da quella originale.