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ATOXOPLAMOSI, siamo di fronte ad una emergenza sanitaria nei nostri allevamenti?

Uno dei peggiori incubi di ogni allevatore di uccelli ornamentali è quello di trovarsi di fronte ad un problema sanitario che possa compromettere la salute o la peggio la vita di suoi amati pennuti.
Spesso queste problematiche esplodono nei “momenti caldi” dell’allevamento, ovvero nella fase di riproduzione, nella prima settimana di vita dei pullus e durante la muta del piumaggio. E’ infatti in questi tre momenti che si hanno il maggior numero di perdite di soggetti per colpa dei problemi di gestione e per malattie infettive.
A preoccupare ulteriormente l’allevatore ci si mette anche la difficoltà che spesso si trova nell’arrivare velocemente ad una diagnosi precisa con conseguente prescrizione della terapia più indicata. Quest’ultimo fatto vede diverse responsabilità tra le quali le più importanti sono: non ricorrere subito da parte dell’allevatore a un veterinario esperto in queste problematiche, la difficoltà che si ha in alcune aree del Paese ad arrivare velocemente ad un professionista specializzato, la difficoltà a trovare laboratori di analisi dediti alla ricerca delle particolari malattie che colpiscono i nostri alati e soprattutto la non ancora completa conoscenza di tutte le malattie che possono colpire i nostri uccellini.
Alcune malattie si conoscono ormai nel dettaglio, altre le subiamo da pochi anni e sono ancora oggetto di studio e ricerca, alcune sembrano comparire per la prima volta e diffondersi con impeto all’intero dei nostri aviari e su larga scala sul territorio nazionale.
I meno giovani ricorderanno sicuramente annate nelle quali si sentiva parlare solo di Vaiolo, solo di Pseudopeste o di Malattia degli occhi gonfi. Altri anni nei quali si parlava di Micosi 80 o di Puntino nero. Sembrava che non ci fosse una allevamento che non avesse perso almeno alcuni soggetti per la stessa malattia. Alcuni anni più tardi si sarebbe faticato addirittura a ricordarsi il nome di quella malattia.
Spesso la malattie hanno andamenti ondulanti, proliferano per un periodo e poi sembrano rimanere in forma quiescente per molti anni senza fare più paura o addirittura scompaiono. Sembra una continua lotta tra il sistema immunitario della specie animale in questione ed i suoi microrganismi patogeni. Dopo un periodo di contagio la specie sembra sviluppare una certa immunità che la protegge dai fenomeni più gravi, per poi perdere la stessa immunità se per alcuni anni non è più costretta a combattere il patogeno con frequenza.
Nella mia pratica clinica vedo ogni anno tra gli altri uccelli un grande numero di uccelli Passeriformi. Sicuramente i miei numeri non mi consentono di dare una informazione che rispetti i caratteri di scientificità statistica, che deve essere organizzata e verificata già dalle fasi di programmazione dello studio. Mi permette però di avere una “sensazione”, una “percezione sommaria” di ciò che avviene secondo i miei riscontri pratici e dal confronto con altri colleghi che lavorano a stretto contatto con la stessa realtà.
Ebbene la mia sensazione è che in questa stagione ornitologica, in Italia e non solo, ci sia stata una importante perdita di soggetti appartenenti al gruppo di Passeriformi (in particolare Canarini, Indigeni silvani, Spinus) a carico di un protozoo responsabile della malattia nota con il nome di Atoxoplamosi.
Voglio quindi condividere questa mia esperienza con altri veterinari ed allevatori per stimolare una discussione in merito ad un tema che ritengo di importanza rilevante e che penso dovrà essere sempre più studiato e capito.
Comincerò quindi spiegando a chi ancora non lo sa che cos’è questa malattia, come si può sospettare, come si può confermare a livello laboratoriale e quali armi abbiamo oggi per poterla combattere. La trattazione sarà quanto più semplice possibile perché possa essere compresa da tutti senza bisogno di nozioni mediche.
Comincerò con il dire che questa malattia è difficile da sospettare e da diagnosticare perché presenta una grande molteplicità di sintomi e di possibili variazioni di quadro clinico. Significa che animali con sintomi anche molto diversi uno dall’altro possono avere tutti la stessa malattia, la Atoxoplasmosi.
La Atoxoplamosi è una malattia sostenuta da un protozoo, per intenderci la stessa famiglia di microrganismi dei coccidi. Per semplicità possiamo di dire che si tratta di una coccidiosi sistemica, ovvero di coccidi che invece che fermarsi solo all’intestino (provocando diarrea e dimagramento), attraverso alcune cellule del sangue (monociti e linfociti B) arrivano a tutti gli organi dell’organismo animale (fegato, milza, polmoni, cervello, reni, ecc.)
La infezione avviene per via oro-fecale, ovvero un animali infetto libera il parassita con le feci che una volta ingerite da un altro uccelli sano lo fanno ammalare. Ecco quindi la prima via di prevenzione di questa malattia come per molte altre è la scrupolosa igiene e pulizia delle strutture che alloggiano e permettono il trasporto dei nostri beniamini.
Il parassita può vivere a lungo nell’ambiente ed è resistente ai comuni disinfettanti ambientali.
Un volta infettato l’animale può manifestare i sintomi o rimanere portatore di questa malattia per periodi molto lunghi liberando nell’ambiente alcuni coccidi in maniera intermittente e non costante. E’ questo il motivo per il quale per poter fare un esame delle feci e rilevare la presenza di coccidi le feci vanno raccolte per più giorni in ore diverse della giornata. I parassiti di uccelli che in natura si trovano maggiormente in stormo per dormire insieme vengono si solito emessi con le feci della sera. I parassiti di uccelli che si ritrovano a metà giornata nelle zone di foraggiata vengono eliminati in queste stesse ore. Anche i parassiti hanno la loro “intelligenza” e per motivi di coevouzione tra ospite e parassita spesso un singolo esame coprologico negativo non ci può dare la certezza che l’animale non sia infetto.

Un ulteriore complicazione dell’esame delle feci è che con i microscopi comunemente presenti nelle strutture veterinarie non è possibile differenziare tra una immagine microscopica di coccidiosi intestinale o di coccidiosi sistemica (Atoxoplasmosi). La forma protozoaria emessa con le feci e che ci è possibile osservare con un esame delle feci è uguale nei due casi.

Nel momento della riproduzione oltre alla classica via di infezione attraverso le deiezioni si aggiunge un’altra possibile via di contagio attraverso il rigurgito di cibo tra partners e verso i piccoli durante l’imbecco. Inoltre la madre che ingerisca i sacchi fetali per pulire il nido aumenta la sua carica infettante.

Dal punto di vista dello spettro d’ospite l’Atoxoplasmosi colpisce primariamente i Passeriformi granivori, con particolare incidenza nei generi Carduelis, Serinus, Passer, Coccothraustes, Eophona, Pheucticus, Fringilla, Taeniopygia, Chloebia, e Erythrura (in ordine di sensibilità), anche se risultano sensibili molti sturnidi e in particolar modo le Gracule.

I sintomi clinici correlati all’infezione da Atoxoplasma sono poco specifici e possono essere confusi con altre malattie.

Nei pulcini di pochi giorni il segno più caratteristico è dato da: “black spot” ovvero “puntino nero”. Il soggetto presenta un punto nero sull’addome che altro non è che la cistifellea piena di bile che non si è svuotata nell’intestino. Questo segno clinico è spesso conseguente ad una grave enterite con infiammazione dell’intestino. Altri segni nei pullus sono una forte disidratazione, perdita di tono e volume dei muscoli pettorali ed imbrattamento del piumino. Spesso a questa età i pullus muoiono in brevissimo tempo.

Nei novelli i segni più caratteristici sono: diarrea, depressione, apparente incremento dell’appetito (l’uccello sta fisso sulla mangiatoia e sembra alimentarsi continuamente, anche se poi non sguscia i semi e ne ingerisce molto pochi), arruffamento delle penne e occhio semichiuso e infossato, tipico della disidratazione. Il quadro è quello definito dai tecnici del settore “going light sindrome” ovvero del soggetto che dimagrisce progressivamente.

Sicuramente il segno clinico più peculiare è la congestione dell’addome legata al rigonfiamento più o meno evidente dell’ansa duodenale (osservabile in trasparenza) e all’enorme aumento di dimensione del fegato. Altro reperto anatomico molto caratteristico è la splenomegalia ovvero l’aumento di dimensione della milza, che in questa malattia può raggiungere delle dimensioni impressionanti. Penso si possa affermare che in corso di Atoxoplasmosi possono essere raggiunte le maggiori dimensioni patologiche per fegato e milza.

Nei giovani si ha spesso i segno del “becco blu” che altro non è che la mancanza di ossigeno ai tessuti che nei soggetti con becco chiaro permette di apprezzare la ipossia tissutale. Questo è un segno preagonico e spesso il soggetto che lo manifesta muore in un lasso di tempo molto breve.

Negli adulti la Atoxoplasmosi può manifestarsi con segni neurologici, respiratori, digerenti.

I segni neurologici comprendono: tremori, instabilità sui posatoi, soggetti che sembrano ubriachi o che sembra che non vedano bene. E’comune osservare il tremolio della testa a destra e sinistra se l’animale è in attenzione o se si agita. E’ comune vedere una incertezza nei movimenti ed una insicurezza nel saltare da un posatoio all’altro.

I segni respiratori consistono in rantoli e sibili respiratori che non necessariamente sono costanti durante tutta la giornata ma si sentono meglio in alcuni momenti. Inoltre il soggetto presenta dei movimenti della coda basculanti sincroni con ogni atto respiratorio.

I segni digerenti sono quelli classici da coccidiosi con diarrea feci molli o con sangue, soggetto “impallato”, che dorme di giorno con l’ala sotto la testa, con piumaggio sporco e con becco sporco ed imbrattato. Spesso le piumette cloacali e le penne addominale sono sporche di feci.

In realtà quando si parla di Atoxoplasmosi è possibile trovare qualsiasi sintomo ed organo coinvolto, perché è una malattia sistemica (riguarda tutti gli organi e apparati) e perché è unna malattia immunodepressiva (riduce le difese immunitarie). Succede un po’ come nel caso della infezione da Circovirus, che riduce le difese immunitarie e quindi l’organismo si ammala anche di altri germi che normalmente riuscirebbe a tenere a bada con le sue difese naturale e senza bisogno di farmaci.

La diagnosi di sospetto si può avanzare sui sintomi (non sempre naturalmente sono presenti tutti i sintomi insieme) e sull’esame delle feci che se raccolte correttamente dovrebbero dare una positività ai coccidi.

La diagnosi di certezza basa su una PCR (polymerase chain reaction) effettuata sulle feci (anche su sangue o tessuti del cadavere), che permette di individuare agevolmente i volatili persistentemente infetti anche se asintomatici.
Il secondo test è un esame istologico, si basa su un esame immunoistochimico da effettuare su tessuti di uccelli deceduti con segni clinici non specifici o con sospetto di Atoxoplasmosi. L’esame può essere effettuato anche su uccelli deceduti per altre cause ma derivanti da un allevamento di cui si vuol sapere la situazione epidemiologica attinente l’Atoxoplasmosi.

Ad oggi non esiste un trattamento efficace per eliminare definitivamente l’infezione dall’ospite. I trattamenti già sperimentati permettono solo di controllare l’infezione, ridurre l’eliminazione nell’ambiente di Atoxoplasma ma non arrivano efficacemente alle cellule (monociti e linfociti circolanti e macrofagi tissutali) che mantengono i parassiti nascosti per lunghi periodi in attesa di far ripartire la malattia.

Si sono usate molecole sulfamidiche (Sulfacloropirazina), tetracicline di nuova generazione (Minociclina), anticoccidi (Toltrazuril, Diclazuril, Clazuril) e antimalarici (Pirimetamina) tutti con una certa soddisfazione ma con pro e contro nel loro utilizzo. La scelta della molecola migliore spetta sempre al Veterinario che la calerà nella specifica realtà dell’allevamento con le sue peculiarità e con i suoi specifici problemi.
Alla terapia antiprotozoaria vanno associati integratori di potassio, vitamine, oligoelementi minerali e amminoacidi essenziali.
Penso che questa malattia che oggi abbiamo imparato a conoscere possa essere stata già in passato responsabile di molte morti in allevamento, ma ancora non sapevano identificarla o darle il giusto significato. Solo per fare alcuni esempi penso che la perdita di soggetti in muta data quasi per inevitabile in molte specie (Cardellino, Verdone, ecc.) potrebbe avere in questo parassita una ragionevole spiegazione. Penso alla morte nella prima settimana di vita nei Canarini selezionati che vogliamo sempre spiegare con infezioni batteriche e che fino a pochi anni fa mai avremmo pensato di imputare a forme coccidi oggi andrebbero riviste. Penso a tante pseudo-diagnosi per “tradizione” di funghi e miceti responsabili di dimagramenti e perdita di soggetti nel periodo invernale che tanti ritengono oramai legge scolpita nella pietra andranno invece rimesse in discussione.
Queste ultime sono solo miei libere riflessioni sul tema ma mi piacerebbe sollevare il problema per vedere se insieme riusciremo a fare chiarezza su una malattia a parer mio troppo a lungo sottovalutata.