Iniziamo con il dire che il Coronavirus del gatto è diverso da quello dell’uomo! Una diagnosi di infezione da Coronavirus nel gatto non deve essere interpretata come un rischio sanitario per le persone che vengano in contatto con il felino. Il gatto non può trasmetterci il suo coronavirus!
Il coronavirus nel gatto è una malattia diversa da quella umana, conosciuta oramai da molti anni nella specie in questione.
L’infezione è conosciuta con il nome di peritonite infettiva felina (PIF o FIP). Se ne conosce una “forma secca” ed una “forma umida” o effusiva.
Il decorso dell’infezione prevede una prima fase intestinale, che si manifesta con sintomi lievi come diarrea e feci mal conformate.
Per molti soggetti l’infezione non evolve in forma maligna e l’animale non manifesta nessun altro problema nell’arco della sua vita.
In alcuni gatti la forma intestinale subisce una mutazione che la rende maggiormente aggressiva: il virus migra ad altri distretti corporei dando il quadro conosciuto come peritonite infettiva. Nella forma secca questo si manifesta con granulomi multipli, nella forma effusiva con versamenti liquidi in diversi organi e apparati (addome, torace, ecc.). La mortalità nella PIF è molto alta.
La forma mutata del virus non è contagiosa, il virus resta confinato nel corpo del gatto ammalato e non può trasmettersi ad altri gatti.
Un gatto affetto da FIP è in grado comunque di trasmettere la forma non mutata (benigna) del virus. I gatti contraggono il virus attraverso il contatto con urine e feci contaminate, più frequentemente se sono gatti giovani (dai 3 mesi ai 3 anni), che vivono all’aria aperta vicino a gatti randagi malati.