Questo lavoro è stato scritto a due mani, dal dr. Diego Cattarossi curatore del post e dal suo collega, collaboratore ed amico dr. Manuel Maschio. Con queste riflessioni vogliamo ripercorrere gli ultimi 20 anni della medicina veterinaria applicata alla cura e gestione di un allevamento di uccelli ornamentali.
dr. Diego Cattarossi:
Oramai da molti anni seguo con passione e dedizione il mondo della medicina veterinaria applicata ai nostri uccelli ornamentali, ma mai come in questi anni ho potuto notare un cambio di scena che porta con sè risvolti non sempre positivi per gli animali, per gli allevatori e da ultimo per la soddisfazione dei veterinari.
Ricordo quando 15 anni fa ho iniziato a fare consulenze negli allevamenti di ornicoltori ed impostare le prime terapie: erano soprattutto gestionali e di controllo di infezioni batteriche e micotiche. Se vogliamo dirlo in parole povere, era un lavoro relativamente semplice. Un lavoro che dava quasi sempre soddisfazioni immediate all’allevatore e al veterinario.
Infatti pur non avendo a disposizione esami di laboratorio o strumentazione dedicata ai canarini, pappagalli o altri uccelli da compagnia, per esami batteriologici, micologi o per un antibiogramma era possibile rivolgersi senza problemi a laboratori con esperienza in altri ambiti. I test infatti erano quelli di comune utilizzo per le altre specie ed era solo il dosaggio e la somministrazione in allevamento ad essere motivo di specializzazione.
Non si conoscevano ancora molte delle malattie che abbiamo oggi descritto e non c’era l’attuale fermento culturale circa le patologie degli uccelli pets, ma sicuramente l’ingresso di nuovi professionisti nel settore dava la misura della volontà che questo processo prendesse corpo.
Negli anni successivi abbiamo assistito alle prime epidemie indagabili con test specifici, come nel caso della inizialmente nebulosa “sindrome degli occhi gonfi” o della “micosi 80”, che solo dopo anni dalla loro comparsa si sono meglio acclarate con l’isolamento del responsabile (agente eziologico) e la catalogazione chiara della sua tassonomia.
La presenza altalenante in commercio del vaccino per il vaiolo specificamente formulato per il canarino e la mutazione che probabilmente ha avuto il suo responsabile ovvero il poxvirus hanno negli anni permesso il dilagarsi di questa malattia. Quello che noi veterinari clinici abbiamo potuto notare al riguardo è stato sicuramente il suo presentarsi con sintomatologie molto diverse da quelle storicamente descritte (es.: “lingua gonfia”, “placca gulare”) e la possibilità di trasmissione diretta tra i soggetti o attraverso vettori inanimati, contravvenendo alla credenza che fossero solo gli insetti i vettori di questa patologia.
In questi ultimi anni, circa nell’ultimo quinquennio, abbiamo potuto notare il riemergere di “vecchie conoscenze” che sembrano aver guadagnato una nuova vitalità e la comparsa, per la prima volta in alcune specie, di malattie nuove e molto persistenti in allevamento. Mi riferisco a Circovirus, che ritenevamo responsabile quasi solo del “puntino nero”, ma che negli ultimi anni sta causando in sempre più allevamenti una immunodepressione paragonabile, in ambito umano, a quella causata dall’AIDS. Mi riferisco alla Atoxoplasmosi, malattia protozoaria della quale già abbiamo parlato in questa rivista in precedenti articoli, che ha ormai raggiunto una distribuzione endemica su tutto il territorio nazionale ed è presente con diverse morbilità e mortalità in gran parte degli aviari di canarini ed altri passeriformi ornamentali.
Il problema maggiore di queste nuove o vecchie malattie è la grande diffusione e contagiosità unita ad una ancor maggiore difficoltà a combatterle o eradicarle con farmaci specifici.
E’ quindi giunto il momento di abbassare la guardia o gettare la spugna?
E’ quindi giunto il momento di affidarsi al caso?
Io penso proprio di no, penso sia giunto il momento di serrare i ranghi ed aumentare l’impegno, perché la realtà dell’allevamento superi questi difficili momenti e torni ad essere la punta di diamante dell’ornitologia italiana a livello nazionale ed internazionale.
Gli allevatori hanno al loro fianco una categoria, quella dei medici veterinari aviari, in continuo aumento. Ognuno sta portando le proprie conoscenze, i propri carismi, il proprio entusiasmo. Continuiamo a lavorare insieme per la salute dei nostri volatili e per la nostra comune passione.
dr. Manuel Maschio:
Il mio approccio all’ornitologia come medico veterinario è avvenuto in periodi ben meno tranquilli del collega. Quando mi sono affacciato a questo mondo erano appena passate le prime grandi epidemie, c’erano i primi casi di una patologia chiamata Atoxoplasmosi. Da subito lo sconforto e le insoddisfazioni legate a questa malattia sono state il mio pane quotidiano.
L’avvio difficile della mia professione mi ha insegnato a non dare nulla per scontato e lavorare su ogni aspetto dell’allevamento, per ottenere risultati sempre migliori.
Purtroppo ai giorni nostri sono diffuse numerose patologie impossibili da eradicare; parlo di quelle sostenute da Atoxoplasma, Circovirus e tra le nuove arrivate da Polyomavirus, Bornavirus e Reovirus. Stare al passo con tutte queste patologie comporta muoversi in un mondo nuovo giorno dopo giorno, un mondo ancora tutto da scoprire e da esplorare.
Come clinico devo trasferire continuamente informazioni, usi, pratiche e conoscenze tra i vari settori dell’ornitofilia di cui mi occupo: dai polli ornamentali, ai canarini, agli spinus, agli indigeni, ai turdidi, fino ai pappagalli. Questo continuo scambio di informazioni mi permette di fronteggiare al meglio le sfide che questo lavoro ci offre tutti i giorni.
Ho cominciato a lavorare leggendo antibiogrammi e facendo esami delle feci per la maggior parte del tempo. Ad oggi mi avvalgo del supporto di laboratori esterni, anche fuori dal territorio nazionale, che utilizzano tecniche di biologia molecolare per avere le risposte che cerco.
La medicina veterinaria aviaria ha fatto e sta facendo passi in avanti notevoli, ma noi clinici non dobbiamo mai dimenticarci le basi. Le nuove patologie hanno posto in evidenza la necessità di un controllo totale della gestione degli allevamenti, che non può prescindere da una gestione oculata di ambiente, alimentazione e genetica, come prevenzione delle manifestazioni patologiche.
Oggi più che mai il concetto di gestione degli allevamenti attraverso semplici esami delle feci da fare una volta l’anno ha perso di significato. Con le problematiche riscontrabili di questi tempi è necessario mettere in atto un monitoraggio continuativo fatto di esami periodici e ove possibile, di una presenza costante del veterinario in allevamento.
Passo molto del mio tempo a capire come migliorare la salute degli uccelli attraverso una gestione oculata degli allevamenti, al fine di ridurre progressivamente l’uso dei farmaci. Credo che questa sia la vera sfida del futuro, riuscire a ridurre al minimo i trattamenti farmacologici nei nostri aviari, per migliorare la salute dei nostri canarini e anche degli allevatori.
Molti dicono che l’Ornitofilia sta vivendo un periodo di grave crisi, io credo che stia vivendo un periodo di riforma. Negli ultimi anni sono cambiati gli uccelli che vengono allevati, il modo in cui vengono allevati e le malattie che li colpiscono. Credo che sia necessario adeguarsi a questi cambiamenti, per far fronte alle nuove sfide che questa passione ci pone davanti. Mai come ora gli allevatori necessitano di un supporto per continuare ad allevare in serenità e noi veterinari clinici siamo pronti a fornirlo giorno dopo giorno.